Looking for Alaska - John Green
"That's where all the good stuff is—the heads."Questo è uno di quei libri che ho sempre voluto leggere, ma vuoi per mancanza di tempo, vuoi perché impegnata in altre letture, l’ho sempre lasciato da parte. Finalmente ho posto rimedio a questa grande perdita e ne sono realmente molto felice.“Looking for Alaska” è un lungo conteggio di date prima e dopo l’evento centrale del libro. Miles Halter viene soprannominato Pudge ( un tappetto, visto che lui è alto è magro) il primo giorno che arriva alla Culver Creek ( il collegio in cui ha deciso di andare) dal suo compagno di stanza Chip Martin the Colonel (il colonnello per la sua leadership). Subito i due diventano amici e nonostante all’inizio lui gli dica di non contare su di lui per inserirsi, alla fine è proprio lui che lo introduce nella sua cerchia di amici: Alaska una ragazza che compra libri nelle bancarelle e li conserva per leggerli quando avrà tempo e Takumi un ragazzo giapponese fissato con l’hiphop e il rap. I quattro diventano un gruppo inseparabile che frequenta le lezioni, studia, organizza scherzi alla Bart Simpson (pranks) e sfida continuamente i Weekday Warriors i ricchi figli di papà che tornano a casa per il weekend. The Colonel li odia perché lui è povero e abita con la madre in una roulotte, ma è orgoglioso di se e delle sue origini. Pudge inevitabilmente si innamora di Alaska ma lei è felicemente fidanzata con Jack che frequenta il college ed è il membro di una band. Tutto procede bene fino all’inevitabile, e i sopravvissuti dovranno far i conti con l’accaduto in modi diversi.“I was born into Bolivar's labyrinth, and so I must believe in the hope of Rabelais' Great Perhaps.” (sono nato nel labirinto di Bolivar e così devo vivere nella speranza del Grande Forse di Rabelais)Queste sono parole di John Green e credo che riassumano in modo molto convincente la filosofia e il grande messaggio di tutto il libro. Non c’è un modo per scappare dalla sofferenza e dall’oblio. Si deve combattere giorno dopo giorno, cercando di farsi forza, cercando di essere assolutamente fedeli a se stessi e ai propri amici. Come si esce dal giro di sofferenza intrinseco che sembra inghiottirci tutti? Si resta incollati a quella che crediamo la nostra verità salvo poi scoprire che non è così, che ci sono particolari di cui non eravamo a conoscenza e soprattutto che non sapevamo come rapportarci con loro. Spesso nel corso della lettura mi sono domandata che cosa può spingere le persone a comportarsi in una certa maniera, ad essere così definitivi rispetto alle proprie scelte. E purtroppo non ho trovato una risposta. Tutto è rimasto avvolto nella nebbia e fino alla fine ci si chiede “perché?”.Non voglio scrivere molto altro perché secondo me questo è un libro da leggere e basta senza stare a domandarsi niente, senza pretendere per forza delle spiegazioni che non ci sono. E’ un romanzo straordinario come ne ho letti pochi ultimamente, che pone un sacco di domande e ti invita a riflettere anche quando hai abbandonato l’ultima riga.E tra l’altro per me è uno di quei libri che avrei già dovuto aver letto…non fate come me correte a procurarvene una copia. Non ve ne pentirete.